In Sudafrica per un lifting, una liposuzione e un safari alla modica cifra di
12 mila dollari. È solo una delle tante offerte del cosiddetto “turismo
estetico”; che abbina vacanze e intervento di chirurgia plastica.
Una moda tornata pericolosamente in auge, complice anche la crisi e la
spregiudicata concorrenza a livello internazionale. Ma i rischi sono davvero tanti.
Così, dopo i viaggi all’estero, soprattutto nell’Est Europa, per i trattamenti odontoiatrici low cost, è la volta della chirurgia estetica, che trova
il suo picco proprio nel periodo natalizio: “Negli ultimi anni le persone che
si sono rivolte all’Istituto per rimediare a danni o complicazioni incorse in questo genere di viaggi
sono più che raddoppiate” rivela, secondo la sua esperienza diretta, il
professor Pietro Lorenzetti, chirurgo
plastico e direttore
scientifico della clinica romana Villa Borghese.
Ad attrarre è spesso il prezzo
basso, ma proprio quello dovrebbe essere il primo campanello di allarme. Per
chiedere meno soldi, infatti, offrono meno, in termini di qualità dei prodotti usati (il
prezzo medio di una coppia di protesi della migliore qualità è di circa 1500 –
2000 euro), quindi come è
possibile far pagare 2.500-3.000 euro l’intero intervento?), preparazione del chirurgo (l’aggiornamento e la specializzazione costano) e sicurezza.
Viene a mancare
anche l’attenzione al paziente:
“La dimissione spesso avviene la sera stessa
dell’intervento, i controlli
post operatori sono al
minimo. In Italia la prassi prevede controlli dopo 1 settimana, dopo tre e dopo
due mesi, chi se ne occupa se il paziente è tornato a casa?” sottolinea
l’esperto.
Senza dimenticare il rischio di infezioni e complicazioni derivante sia da carenze igienico-sanitarie, sia dalle caratteristiche intrinseche dei luoghi e del viaggio: “Il clima caldo umido di alcune località è assolutamente sconsigliato in molti interventi. Mettiamo nel conto poi un viaggio di ritorno di 8, 10, anche 14 ore (è noto che lunghi viaggi aerei favoriscono il rischio di Trombosi Venosa Profonda).
Senza dimenticare il rischio di infezioni e complicazioni derivante sia da carenze igienico-sanitarie, sia dalle caratteristiche intrinseche dei luoghi e del viaggio: “Il clima caldo umido di alcune località è assolutamente sconsigliato in molti interventi. Mettiamo nel conto poi un viaggio di ritorno di 8, 10, anche 14 ore (è noto che lunghi viaggi aerei favoriscono il rischio di Trombosi Venosa Profonda).
E se qualcosa va storto? È molto difficile intentare una causa
internazionale e spesso bisogna ricorrere a un secondo intervento chirurgico,
in Italia “con un costo sia in termini di stress che meramente economico”
sottolinea il medico. “E come se non bastasse gli interventi ‘secondari’ sono
in genere più complessi”.
Ma se non volete desistere, prendete almeno alcune precauzioni: conoscere il nome
del chirurgo che vi opererà, già prima della partenza, e controllarne la
qualifica sul sito dell’Ipras, la Federazione
Mondiale di Chirurgia Plastica (se
possibile, informarsi anche sulla fama della clinica); verificare la
legislazione vigente nel paese in tema di tutela
del paziente in caso di
chirurgia plastica ed estetica, e, infine, stipulare una assicurazione specifica.
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